Economia

Giulia Baccarin, la regina degli algoritmi che aiuta le imprese a prevedere i guasti

Donne impresa 57. Vicentina, studi a Milano e una lunga esperienza lavorativa tra Giappone e Corea del Sud è tornata in Europa per fondare I-care, società di ingegneria di cui è azionista e managing director, leader in Europa nel settore della manutenzione predittiva. Nel 2012 ha fondato Mipu, acceleratore di imprese per aiutare le altre startup ad andare sul mercato
 

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All'ombra dei grattacieli di Tokyo e di Seul l'ingegnere biomedico vicentino Giulia Baccarin ha studiato le strategie d'impresa, e a Salò, sulla sponda bresciana del Lago di Garda ha fondato un acceleratore di imprese che seleziona talenti e sviluppa progetti di aziende industry 4.0. Mipu, il nome dato alla società nata nel 2012, contiene due ideogrammi giapponesi che vogliono dire 'vedere oltre gli orizzonti'. "L'idea era: se ce l'ho fatta io, perché non aiutare agli altri?". Mipu, che sviluppa sistemi innovativi per la manutenzione predittiva di macchine industriali, nel 2016 ha fatturato 4milioni e mezzo di euro. Il suo punto di forza è I-care, la società di ingegneria di cui l'imprenditrice è azionista e managing director, azienda leader in Europa nel settore della manutenzione predittiva e Data science, e d'affidabilità con 150 ingegneri in 9 paesi del mondo. Ha un brevetto esclusivo di manutenzione e una tecnologia che può prevedere con estrema precisione quando avverrà un guasto prima che causi un fermo macchina.  
Tecnologia, algoritmi predittivi e robot sono stati il chiodo fisso di Giulia Baccarin sin dall'università. Sul tema dell'intelligenza artificiale "che sarà l'innovazione più pervasiva dei prossimi venti anni", l'imprenditrice oggi trentaseienne ha sviluppato la tesi di laurea al Politecnico di Milano, dopo aver trascorso con il programma Erasmus il quarto anno di ingegneria biomedica a Compiègne, l'università francese di tecnologia a nord di Parigi.

Baccarin aveva ideato un algoritmo predittivo su una maglietta della salute per prevenire le cadute degli anziani. La maglietta era dotata di tre sensori pizoelettrici, degli accelerometri che, collegati via wireless a un pc, davano la posizione del corpo. L'algoritmo riusciva a intercettare la caduta prima dell'impatto. Alla maglietta era possibile associare una sorta di airbag che potesse attutire la caduta. E l'università era in trattativa con un'azienda privata per arrivare al brevetto.
Da lì è cominciata la sua passione per gli algoritmi predittivi, quasi una febbre. "Mi piaceva l'idea di progettare robot umanoidi, dare nuova vita a persone che avessero subito incidenti stradali o fossero state vittime di guerre".

All'inizio non è stato un percorso lineare. Giulia si sentiva più portata per le Lettere, suo padre Claudio invece la spingeva verso ingegneria perché dava maggiori prospettive di lavoro. Da Dueville, vicino Treviso, dove viveva, è andata a Milano, "è stato un po' uno choc" ammette, "fino a quel momento la vita per me era stata facile. Al liceo avevo buoni voti. I primi due anni di università sono stati duri, mi sono costati una fatica enorme, l'esame di Analisi uno l'ho ripetuto tre volte, ricorrendo anche alle lezioni private, ma è stato un buon allenamento alla resilienza. Dopo quest'inizio in salita ho capito il meccanismo e mi sono laureata con lode".

Il titolo arriva il 22 dicembre del 2004 e a gennaio era già in Giappone con l'Executive training program che l'Unione europea fin dal 1975 aveva istituito per finanziare un anno di studio a giovani in Giappone o Corea, con l'intento di aumentare il business delle aziende europee verso questi paesi. "Si può partecipare tramite qualche azienda sponsor. È stata una esperienza incredibile". A Tokyo l'aspetta la prestigiosa università di Waseda, dove studia soprattutto management, creazione di impresa e gestione. Nell'ambito di questo programma, gira anche l'Europa in scuole di primo piano: alla Soas di Londra, abbreviazione di School of Oriental and African Studies, e allo Sciences Po, l'Istituto di studi politici di Parigi dove sono passati importanti statisti. Lei tiene duro. Del resto è stata scout per venti anni. "Mi è servito tanto nel lavoro in termini di capacità di adattamento, dello stare con gli altri, per imparare la resistenza: se cade la pioggia, avanti sempre. Quando vado in montagna mi piace il trekking, amo la barca a vela e lo sport a contatto con la natura".

A Tokyo le offrono subito un lavoro di consulente in una grande azienda giapponese, la Itochu, dove resta fino al 2008 e compie viaggi a Shangai, Taiwan, Hong Kong e in molte zone del Giappone. Esperienza che la segna. "Nel gruppo nipponico - racconta - ci sono cinquemila consulenti, tutti giapponesi e quasi tutti uomini, almeno tra quelli che contano qualcosa. Nei primi giorni, uno dei colleghi mi ha chiesto di fare il tè, e a scuola mi avevano insegnato che in Giappone le donne devono aprire la porta e fare il tè. Però, aveva aggiunto il mio teacher, tu per fortuna, prima che essere donna sei straniera e quindi puoi metterti in una posizione diversa. Infatti ho risposto di no e mi ricordo un secondo di silenzio totale e il blocco dell'operatività nella sala in cui stavano lavorando 200 persone. Da quel momento sono diventata un 'uomo' tra virgolette: andavo in giro con loro, ho partecipato a progetti ai quali non avrei mai avuto accesso, mancava solo che mi mandassero nel bagno degli uomini".

Nel suo lavoro di consulente, Giulia Baccarin ha perfezionato lo studio dei modelli predittivi sul comportamento dei consumatori nel futuro, in svariati settori. Non era ancora l'epoca del big data. "Si lavorava con dati ricavati da interviste telefoniche, ed è abbastanza interessante che in meno di dieci anni tutto questo sia scomparso a favore di dati della rete o che vengono dall'industria, grazie ai sensori e all'intercomunicazione delle varie funzioni aziendali, insomma tutto quello che è diventato industria 4.0".  

Giulia Baccarin diventa imprenditrice quando incontra due ragazzi belgi, Fabrice Brion e Arnaud Stiebenart. "Arnaud era in Giappone a studiare il metodo Toyota, e io ero nel team di consulenti nell'azienda in cui si faceva quello studio". Avevano avviato un'attività in proprio per la manutenzione predittiva di macchine industriali come motori, pompe, compressori. I tre diventano soci in I-care, questo il nome dell'azienda, che oggi ha la casa madre a Mons, nel Belgio francese, in Italia è dal 2008 e ha altre sette sedi nel mondo, per un totale di 150 addetti. "Quando li ho conosciuti, erano nella fattoria del nonno di Fabrice. Sono partita per Bruxelles e cerca, cerca, trovo i miei due soci in una stanzina di 15 metri che era un laboratorio dell'olio industriale. La sera sono andata in albergo e ho pianto. A 27 anni, un bel po' di incoscienza, col senno di poi è stato un colpo di testa, perché in Giappone stavo bene, ma l'idea mi è piaciuta. Loro volevano aprire in Italia, io volevo tornarci per realizzare qualcosa nel mio paese. Ho buttato via l'offerta di una grossa azienda italiana di lavorare per loro in Giappone e mi sono ripresentata a casa dai miei genitori lasciandoli sconcertati". Era il Natale del 2008, avevano dato per scontato che la figlia sarebbe rimasta lì, in Giappone, destinata a una brillante carriera.
 
Giulia Baccarin e i suoi soci in Icare formano una holding, con quote paritarie in Italia e in Belgio assegnate ai loro collaboratori. I primi quattro anni sono stati difficili. All'inizio il suo ufficio erano la casa e il telefono dei suoi genitori.
Anche i primi dipendenti di Icare Italia lavoravano nella stanza vicino al garage. "Abbiamo cominciato con 4.900 euro, mai avuto prestiti bancari e mai investitori. In banca mi dissero: i tuoi soci non contano perché sono belgi e tu sei una donna, se resti incinta come faremo a riprenderci i soldi? Nei primi due anni, e avevo già due dipendenti, la sera andavo a fare la cameriera in un ristorante". Ma il problema era conquistare credibilità nel mondo della manutenzione industriale, dove gli interlocutori erano tutti maschi e molto conservatori. "La nostra tematica era innovativa, e io ero la ragazza che si presentava lì a spiegare cose nuove a loro. A volte, per prendere appuntamento con i clienti facevo telefonare a mio papà e poi avevo preso un ragazzo in stage proprio con questa mansione".

Il lavoro c'era, I-care con la sua specifica metodologia realizza un brevetto unico sul mercato, "e con quella siamo ancora i primi". Quando la società ha cominciato a marciare spedita, nel 2012 Baccarin si trasferisce a Salò, grazie anche all'incontro con Giovanni Presti, un perito elettronico che aveva già un'azienda di software. Dalle due competenze messe insieme nasce Mipu, un acceleratore di imprese in settori dove intelligenza artificiale, machine learning e big data sono ancora poco conosciuti, trasformarle in start up e lanciarle sul mercato, anche internazionale.

"L'obiettivo - spiega Baccarin - è costruire solide aziende innovative reinvestendo gli utili di tutte le società, accelerando iniziative che migliorino qualità di vita, efficienza e produttività dei singoli e delle aziende". Quando non si parlava ancora di start up, Mipu è diventato uno spazio per giovani di tutto il mondo, per aiutarli a creare un'impresa nel settore dei modelli predittivi per l'industria. E il lago di Garda è un posto bello dove lavorare.

Mipu compie ora cinque anni e ha un fatturato aggregato di 4,5 milioni di euro con 50 dipendenti. Un network di tre aziende, sviluppato dalle precedenti società e dai soci fondatori: I-care in testa, The Energy Audit e Inspiring Software, dedicato ai modelli predittivi, internet of things e big data: tecnologie, servizi e competenze che permettono di raccogliere i (big) dati presenti nelle aziende e di usarli per prevedere fenomeni nel prossimo futuro.

Baccarin è instancabile, gira l'Italia e il mondo, "percorro in auto 60 mila chilometri all'anno, volo tanto". La furia dei libri la coglie spesso. "Leggo, ai ragazzi che lavorano con me ho lanciato la sfida di tentare leggere un libro ogni quindici giorni, io lo sto facendo, romanzi per lo più: Il nome della rosa di Eco, quasi finito. Sono una grande fan di audiolibri. Mi piace molto Tiziano Terzani, per me è stato un punto importante, mi ha trasmesso la passione per l'Asia, l'ho seguito nel suoi viaggi. Mi piacciono Elsa Morante e Dacia Maraini".

Sul lavoro le idee nascono attraverso brainstorming con i collaboratori, le università, le aziende. Lo scopo è unire talenti, risorse economiche e competenze per accompagnare le aziende sul mercato. "Le sosteniamo, le aiutiamo a trovare i clienti e quando sono sostenibili si staccano e diventano indipendenti. Una di queste, nata in Corea, distribuisce alcune delle soluzioni Icare in Kossovo, Giappone, Inghilterra, Francia e Bulgaria. I mercati su cui siamo presenti sono Giappone, Corea, Italia, e adesso stiamo andando in Svizzera, Inghilterra e Spagna".

La tecnologia si evolve di continuo. 'Tea' l'ultima nata è un'azienda che sviluppa modelli predittivi basandosi sull'energia. Ha vinto un concorso internazionale in Corea "perché - spiega l'imprenditrice - riesce a intercettare in anticipo quale sarà il fabbisogno idrico di un edificio, un quartiere e una città dove ci sono gli sprechi idrici. Mi viene in mente subito il caso di Roma".

Nel primo semestre del 2017 la Mipu di Giulia Baccarin registra la crescita degli ordinativi con un più 40 per cento. Le aziende italiane sono aperte a queste tecnologie. In cantiere ci sono altri progetti per cui è in cerca di personale. "Ci servono ingegneri meccanici e informatici, ma c'è ancora troppa discrepanza tra domanda e offerta. L'università di Brescia ha laureato in tutto 18 informatici. Per cercarli mettiamo degli annunci, partecipiamo agli incontri delle università, abbiamo aperto una sede nel Politecnico di Milano, per essere più vicini, finanziamo un dottorato a Tor Vergata a Roma, abbiamo diverse collaborazioni attive con gli atenei, sia per progetti di ricerca e sia per prendere le persone migliori. Penso come italiana che manchi la programmazione di quelle che devono essere le competenze del paese".

Nei convegni ai quali è spesso invitata, parla di intelligenza artificiale e di come sia necessario che la programmazione degli algoritmi sia opera di donne, disabili, immigrati, che possa insomma riunire in sé ogni tipo di diversità in tutti i ruoli chiave. "È una cosa nella quale credo e che cerchiamo di promuovere. L'intelligenza artificiale sarà l'opportunità futura non solo nel lavoro ma anche per la consapevolezza di parità di genere all'interno delle comunità tecnico scientifiche che la programmano".

Ambiziosa e col desiderio di riuscire. Alla riunione di tutti i direttori delle filiali di I-care sarà, suo malgrado, l'unica donna. "Ce n'è un'altra, ma è appena diventata mamma. Due donne e cinque uomini. Non ho ancora raggiunto sufficiente influenza sui miei soci. In Mipu e Tea invece sono tutte donne, per controbilanciare".

Tra l'intelligenza artificiale e quella naturale, Giulia Baccarin preferisce entrambe, "la combinazione tra tutte e due, come sostiene Bauman, può davvero aiutarci a creare un mondo migliore".  
Una vita bella, intensa e abbastanza faticosa. Il desiderio di fare una famiglia, di avere dei figli ce l'ha, ma non è un argomento di cui le piace parlare nelle interviste, anzi alla domanda si arrabbia: "A Marchionne nessuno si sognerebbe di chiederlo".