Milano, 12 agosto 2017 - 08:27

Le imprese del futuro si riprendono il centro storico di Milano

Due piccole imprese innovative su cinque hanno base all’interno dei Bastioni. «Qui ci sono fascino e comodità

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Quasi quattrocento imprese innovative vicinissime al Duomo: il 39,5% delle start up è insediato - a sorpresa - nel centro storico. I numeri anticipati da Camera di Commercio parlano chiaro: su oltre 900 realtà ad alto potenziale di sviluppo, 370 hanno sede nel Municipio 1. Altre 171 (17,2%) tra la Bicocca e la stazione Centrale (Municipio 2) e 105 (11%) a Lambrate e Città Studi (Municipio 3). «Mentre gli incubatori e le aziende come Google e Microsoft scelgono i quartieri in ascesa, Porta Nuova o via Tortona, e le ex aree industriali, le attività neonate si appropriano dei Bastioni - nota Carmelo Cennamo, docente di Strategie aziendali in Bocconi -. Sono strutture snelle e flessibili che hanno bisogno di poco spazio. In molti casi si appoggiano a studi dei professionisti affittando una stanza o alle scrivanie dei coworking che a Milano sono sempre di più, in luoghi nevralgici». Sull’innovazione si gioca la nuova mappa della città, rilancia Cristina Tajani, assessore alle Attività produttive che ieri ha presentato una nuova tornata di incentivi sugli investimenti in coworking e centri fablab per la manifattura 3.0. «Destiniamo 280 mila euro in conto capitale agli investimenti sulle 73 strutture già accreditate e altri ottantamila euro ai nuovi spazi quasi pronti ad aprire».

C’è chi brevetta apparecchiature per recuperare l’energia dalle onde del mare, chi progetta piattaforme di condivisione, chi sistemi innovativi di pagamento. E persino chi si mette in proprio per fare ricerca e studiare malattie rare. Intorno al Duomo si trova davvero di tutto. «Le start up si concentrano a grappolo - continua Tajani -. Una si insedia, seguono subito tante altre. Creano un fertile ecosistema che si autoalimenta». Solo una minima parte delle imprese innovative è davvero una start up, riflette però Stefano Mainetti, consigliere delegato del Polihub, l’incubatore del Politecnico: «Su dieci piccole attività che nascono ogni giorno a Milano, solo una fa davvero la grande scommessa - dice il docente - Le altre scelgono di crescere in modo lineare e più tranquillo. Non rivoluzionano i modelli di business, non attirano capitali di rischio. E dunque non accelerano mai a ritmi esponenziali bruciando cassa».

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Il fronte finanziario aiuta. «Qualcosa si muove a Milano, unica città d’Italia», dice Mainetti. È ancora difficile intercettare capitali, «rispetto all’estero business angel e fondi di venture capital che potrebbero aiutare le piccole a crescere sono sottodimensionati, un decimo rispetto alla Francia». Eppure il settore pubblico, con Invitalia e Itatech «ultimamente ha profuso risorse fino a poco tempo fa impensabili». Con una selezione peraltro a maglie strettissime: «Soltanto una su trecento che chiede viene finanziata, e la maggior parte si trova a Milano».
Appena crescono un po’, le imprese innovative si allontanano dal centro e vanno verso le università e nei quartieri votati allo sviluppo. Per tutte, la partita da giocare è sulla qualità, ma Milano (dove si trova una start up italiana su dieci) è in pole position . Dice Camera di Commercio che una su quattro recluta solo laureati, dottorandi e ricercatori, e due su dieci è fondata da under 25 che sul lavoro puntano tutto. Soltanto una su dieci invece (ancora poche) è formata prevalentemente da donne.

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